
Pensione, ma quale 70 anni: ci andate a 58 anni | Passata la ‘legge’ epocale, vale in tutto il Paese
Pensione di vecchiaia, in Italia i requisiti per andare in pensione cambiano spesso, le novità per il 2025 sono sorprendenti
In Italia, il requisito anagrafico per accedere alla pensione di vecchiaia resta fissato a 67 anni, con almeno 20 anni di contributi versati. Questa soglia è stata confermata fino al 2026, garantendo ai lavoratori una certa stabilità nel breve periodo. L’età minima è stata calibrata sulla base dell’aspettativa di vita media della popolazione, un parametro che la normativa utilizza come riferimento per adeguare nel tempo i requisiti di uscita dal mondo del lavoro.
Dal 1° gennaio 2027 potrebbe scattare un incremento a 67 anni e 3 mesi, in base agli aggiornamenti periodici forniti dall’ISTAT sull’aspettativa di vita. Al momento gli aumenti sono stati sospesi, ma il meccanismo automatico resta in vigore: ogni due anni, le rilevazioni statistiche possono determinare un rialzo dei requisiti anagrafici. Questo significa che i lavoratori devono mantenere una certa attenzione verso le modifiche legislative e i dati demografici che influenzano la durata della vita media.
L’età pensionabile non è una misura rigida e immutabile, ma segue un meccanismo di adeguamento legato alle dinamiche demografiche. L’INPS, sulla base dei dati ISTAT, comunica gli aggiornamenti che entrano poi automaticamente in vigore. Questo sistema è stato introdotto per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale in un Paese caratterizzato da un progressivo invecchiamento della popolazione e da una diminuzione della natalità.
Un passaggio importante è avvenuto nel 2025, quando gli “scatti” previsti per adeguare l’età pensionabile furono formalmente sospesi. La scelta si legò agli effetti della pandemia e alle difficoltà economiche che hanno colpito milioni di famiglie. Il congelamento ha offerto un sollievo temporaneo, ma resta l’incognita per il futuro: dal 2027 il meccanismo di incremento automatico potrebbe riprendere, riportando in primo piano il tema dell’allungamento della vita lavorativa.
Le alternative di flessibilità in uscita
Non esiste soltanto la pensione di vecchiaia. Molti lavoratori possono accedere a forme di pensionamento anticipato, che prevedono però requisiti contributivi più severi. Oggi servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Accanto a questo esistono strumenti come l’Ape sociale, che offrono soluzioni parziali di flessibilità per categorie specifiche, seppur con importi limitati e condizioni precise.
Ogni anno, la Legge di Bilancio rappresenta un passaggio cruciale per eventuali modifiche ai requisiti pensionistici. È proprio in quella sede che possono essere introdotte deroghe, proroghe o nuove misure sperimentali. Il tema resta tra i più delicati del dibattito politico, perché riguarda milioni di lavoratori e tocca l’equilibrio tra sostenibilità finanziaria e giustizia sociale.
Pensionato – fonte pexels – Sicilianews24.it
Il confronto tra sistemi pensionistici nel mondo
Uno sguardo oltre i confini italiani permette di comprendere come la questione pensionistica sia un tema globale. In Indonesia, ad esempio, l’età pensionabile per gli uomini è passata dai 58 anni del 2024 ai 59 anni nel 2025, segnando un nuovo record storico. Si tratta di un incremento graduale che rientra in un percorso di innalzamento progressivo dell’età di uscita dal lavoro, stabilito dal governo per far fronte all’aumento dell’aspettativa di vita e alle esigenze di bilancio pubblico.
L’Indonesia, dal 2009 al 2025, ha visto un’età pensionabile media pari a 56,53 anni, con un minimo storico di 55 anni nel 2010 e il massimo raggiunto appunto nel 2025. Rispetto all’Italia, dove i requisiti anagrafici sono molto più elevati, il sistema indonesiano mostra come il contesto socioeconomico e demografico di ciascun Paese giochi un ruolo decisivo. L’Italia deve affrontare l’invecchiamento della popolazione, mentre l’Indonesia gestisce ancora una realtà con età medie più basse. Entrambi i sistemi, però, testimoniano quanto il legame tra aspettativa di vita e sostenibilità previdenziale sia ormai un fattore imprescindibile nelle politiche sociali contemporanee.
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