
INPS addio, vi ha dato da mangiare per anni ma adesso dovete farne a meno | Ve lo potete dimenticare
L’intelligenza artificiale cambia l’assistenza al cliente, un taglio alla burocrazia, ecco a chi chiederemo per la dichiarazione dei redditi
Archiviata la stagione del modello 730, molti lavoratori italiani tirano un sospiro di sollievo. Le settimane dedicate a raccogliere documenti, consultare il commercialista e verificare la correttezza delle dichiarazioni dei redditi sono finite, almeno fino al prossimo anno. La sensazione di leggerezza, però, rischia di essere solo temporanea. Nel nostro Paese, la burocrazia non concede tregua e gli imprevisti restano sempre dietro l’angolo.
Il momento in cui si riceve lo stipendio mensile è da sempre un appuntamento atteso con una certa trepidazione. Nonostante i calcoli siano stati fatti con precisione, può capitare di imbattersi in trattenute non previste o in conguagli inattesi. È in questi casi che nasce la necessità di chiedere chiarimenti, rivolgendosi all’amministrazione o, per i pensionati, direttamente all’INPS.
Ed è proprio qui che iniziano i problemi. Per chi deve contattare l’INPS, il call center rappresenta spesso un ostacolo più che una soluzione. Ore di attesa, linee intasate e difficoltà a trovare un interlocutore in grado di fornire risposte chiare rendono l’esperienza frustrante. Una fatica che si aggiunge alla già complessa gestione delle questioni burocratiche.
Negli ultimi mesi si è aggiunta un’ulteriore novità: l’impiego dell’intelligenza artificiale come primo interlocutore. Invece di un operatore umano, chi chiama può ritrovarsi a interagire con una voce sintetica, programmata per smistare le richieste o fornire informazioni standard. Si tratta di un cambiamento che le aziende descrivono come una svolta epocale, destinata a ridurre i costi e ad accelerare i tempi di risposta.
Le professioni a rischio automatizzazione
La diffusione dell’intelligenza artificiale non riguarda solo l’INPS, ma investe gran parte del mercato del lavoro. Secondo le stime, nei prossimi anni circa il 40% delle professioni sarà in qualche modo toccato da processi di automazione. Tra le figure più esposte ci sono proprio gli operatori dei call center, gli assistenti statistici e vari impiegati che svolgono mansioni di routine. L’obiettivo dichiarato è quello di aumentare l’efficienza, ma le conseguenze sociali restano da valutare.
Se per le aziende l’adozione dell’intelligenza artificiale rappresenta un risparmio immediato, per gli utenti non sempre si traduce in un vantaggio. Gli operatori virtuali, infatti, faticano a comprendere domande complesse o situazioni che esulano dagli schemi predefiniti. Un pensionato che deve chiarire una trattenuta particolare o un lavoratore che segnala un’anomalia rischiano di non trovare risposte adeguate, rimanendo intrappolati in un dialogo sterile con una macchina.
Call center virtuale – fonte pexels – Sicilianews24.it
I settori meno esposti
Non tutte le professioni sono destinate a essere sostituite dai software. I lavori manuali, quelli che richiedono abilità pratiche e artigianali, restano difficilmente replicabili da un algoritmo. Lo stesso vale per gli insegnanti, gli atleti o i professionisti che vivono di interazioni umane complesse. La tecnologia può affiancare, ma non sostituire completamente il fattore umano in contesti dove empatia e comprensione personale fanno la differenza.
Il dibattito sull’intelligenza artificiale e sull’impatto nel mondo del lavoro è appena all’inizio. La sfida sarà quella di trovare un equilibrio tra i vantaggi dell’automazione e la tutela della dignità dei lavoratori e dei cittadini. L’adozione degli operatori virtuali nei call center è solo la punta dell’iceberg: una trasformazione che potrà dirsi davvero positiva solo se accompagnata da regole chiare, formazione adeguata e soluzioni che non mettano da parte l’essenziale rapporto umano.
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