
Chiusa l’azienda n.1 della Sicilia, 20.000 famiglie rimaste senza uno spicciolo: mezza regione devastata
Chiusa l’azienda n.1 della Sicilia (Foto: Pexels) – Sicilianews24.it
La notizia è stata come un fulmine a ciel sereno: la più grande azienda della Sicilia ha lasciato mezza regione disoccupata
L’azienda numero uno della Sicilia ha chiuso i battenti, lasciando improvvisamente a casa migliaia di lavoratori.
Oltre 20.000 famiglie si sono ritrovate senza reddito dal giorno alla notte.
Le comunità locali si preparano a subire conseguenze disastrose, dato che un’intera fetta di territorio rischia il collasso.
Ma che cosa è successo davvero? E di quale azienda si tratta? Ecco tutti i dettagli.
Chiude l’azienda N1 della Sicilia: si prevedono conseguenze disastrose
La Sicilia si ritrova in ginocchio dopo la chiusura improvvisa dell’azienda numero uno dell’isola. Una notizia che ha scosso l’intera regione, lasciando senza parole lavoratori, famiglie e amministrazioni locali. Sono circa 20.000 le famiglie rimaste senza nemmeno uno spicciolo, travolte da una crisi che non ha dato preavviso e che ha messo in difficoltà l’economia di intere aree. Mezza regione è ora devastata, sotto il peso di una paralisi che coinvolge occupazione, produzione e vita quotidiana.
A farne le spese non sono solo i dipendenti diretti, ma anche tutto l’indotto che ruotava intorno a questa realtà produttiva. Nessuno avrebbe mai immaginato un crollo così repentino, capace di spezzare l’equilibrio socioeconomico di un territorio tanto vasto. Ma cosa ha davvero portato a questo disastro? E quali saranno le conseguenze nel medio e lungo periodo? Passa al prossimo paragrafo per scoprire ogni dettaglio.
20.000 famiglie rimaste senza uno spicciolo (Foto: Depositphotos) – Sicilianews24.it
Migliaia di cittadini restano senza lavoro: cosa sapere
La devastazione di cui si parla non è una forzatura: tutto parte dalla decisione di Eni di abbandonare la chimica di base in Sicilia, con la chiusura definitiva dell’impianto di Ragusa e l’annunciato stop a quello di Priolo, in provincia di Siracusa. Una scelta che ha lasciato a casa centinaia di lavoratori diretti e messo in ginocchio un indotto da migliaia di persone e centinaia di aziende. Secondo le stime, sarebbero oltre 20.000 i lavoratori potenzialmente coinvolti in tutta la filiera, col rischio di un effetto domino devastante per mezza regione.
La notizia, che risale a febbraio 2025, ha immediatamente innescato una mobilitazione nazionale guidata dalla Cgil, che denuncia l’assenza di un vero piano di riconversione e chiede l’intervento urgente del governo. I sindacati parlano apertamente di “desertificazione industriale” e di “scelta scellerata”, mentre i lavoratori temono un futuro di emigrazione forzata e crisi irreversibile per il territorio.
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