#Tanomattinale 26 marzo 2022: guerra in Ucraina: mentre Putin firma la legge-bavaglio in Russia, attacca la “cultura occidentale dell’annullamento”; l’ambasciatore Razov tra querele e minacce, la replica di Massimo Giannini; Kim e lo show del missile balistico; Sicilia e malasanità: inchiesta sulla morte di un 17enne al Policlinico di Catania, scoperte altre 47 false vaccinazioni dell’infermiera di Palermo, nuovi arresti domiciliari
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#Tanomattinale 26 marzo 2022: guerra in Ucraina: mentre Putin firma la legge-bavaglio in Russia, attacca la “cultura occidentale dell’annullamento”; l’ambasciatore Razov tra querele e minacce, la replica di Massimo Giannini; Kim e lo show del missile balistico; Sicilia e malasanità: inchiesta sulla morte di un 17enne al Policlinico di Catania, scoperte altre 47 false vaccinazioni dell’infermiera di Palermo, nuovi arresti domiciliari

Amiche e amici del #Tanimattinale buon sabato.

Oggi il mio mattinale sarà molto più breve di quello infinito di ieri, che com’era prevedibile non ha avuto molto successo, ma m’interessava pubblicare integralmente le dichiarazioni di Nato, G7 e Consiglio Europeo e l’ho fatto.

Guerra Russia- Ucraina giorno 31. Vi risparmio le voci sulla fine delle ostilità il 9 maggio, sul ridimensionamento delle mire di Putin al solo Donbass, sull’ufficiale russo ucciso dai suoi soldati: a parte che lo hanno scritto tutti, personalmente resto molto scettico su una imminente conclusione della guerra, me la voglio vedere tutta.Pongo invece l’attenzione, nel frastuono propagandistico da entrambe le parti in conflitto, su alcune clamorose contraddizioni nella gestione mediatica degli eventi da parte del Cremlino. Parto dalla traduzione di una notizia lanciata della TASS, agenzia di stampa ufficiale russa, alle 22,57 di ieri: “Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato una legge sulla responsabilità penale per informazioni false su qualsiasi ente governativo russo che opera all’estero. Il documento è stato pubblicato sul portale ufficiale delle informazioni legali. Tali organismi includono le ambasciate, l’ufficio del procuratore generale, il servizio di guardia nazionale, il ministero russo per le emergenze, ecc. La punizione prevista da questa legge è la stessa che per il discredito e la diffusione di falsi sulle forze armate russe. Il codice penale russo è stato recentemente integrato con l’articolo 207.3, che prevede una pena detentiva fino a tre anni o una multa di 1,5 milioni di rubli (14.420 dollari USA) per aver diffuso informazioni deliberatamente false sull’uso delle forze armate russe. Nel caso in cui il reato sia commesso con l’impiego di cariche d’ufficio, per fini di lucro, per odio politico, ideologico, razziale, etnico o religioso, si prevede la pena della reclusione fino a dieci anni o della multa fino a cinque. milioni di rubli (48.000 dollari USA).

Nel caso in cui tali falsi comportino pesanti conseguenze, la reclusione sarà da dieci a 15 anni”. In sintesi: la legge-bavaglio decisa per tacitare qualsiasi dissenso è operativa.Qualche ora prima, alle 16,05, sempre dalla TASS arrivava la nota sul Putin offeso e arrabbiato per l’onda anti-cultura russa. Eccola: “Il presidente russo Vladimir Putin ha tracciato un parallelo tra l’attuale campagna contro la cultura russa in Occidente e ciò che stava accadendo nella Germania nazista sotto Hitler. n”La famigerata cultura dell’annullamento si è trasformata nella cancellazione della cultura. I nomi di Tchaikovsky, Shostakovich, Rachmaninov vengono rimossi dalle locandine, gli scrittori russi ei loro libri vengono banditi”, ha detto venerdì. “L’ultima volta che una campagna così ampia contro la letteratura indesiderabile è stata condotta dai nazisti in Germania quasi 90 anni fa”.

” È impossibile anche solo immaginare cose del genere nel nostro paese! Siamo immuni da queste cose grazie alla nostra cultura. È inseparabile dalla [nostra] patria, dalla Russia, dove non c’è posto per l’intolleranza etnica, dove persone di decine di nazionalità hanno vissuto, lavorato e allevato i loro figli fianco a fianco e dove la diversità culturale è l’orgoglio della società, la forza e il vantaggio del nostro stato”, ha sottolineato. Commentando il fenomeno della cultura dell’annullamento, ha osservato: “Oggi stanno cercando di ‘cancellare’ un intero paese secolare, il nostro popolo”. “Intendo la crescente discriminazione di tutto ciò che è legato alla Russia, riguardo a questa tendenza, che si sta sviluppando in diverse nazioni occidentali con la totale connivenza delle élite dominanti o addirittura incoraggiata da loro”, ha detto”.

Poi, quello che non ti aspetti, Putin ha poi difeso J.K. Rowling, autrice dei romanzi di Harry Potter, che ha affrontato critiche per i suoi commenti sulle questioni transgender. “JK Rowling è stata cancellata perché lei, scrittrice di libri che hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo, non ha soddisfatto i fan delle cosiddette libertà di genere”, ha affermato Putin. La risposta piccata della famosa scrittrice non si è fatta attendere ed è arrivata su Twitter: “Le critiche alla cultura occidentale dell’annullamento probabilmente non sono fatte al meglio da coloro che attualmente massacrano i civili per il crimine di resistenza, o che imprigionano e avvelenano i loro critici. #IStandWithUcraina” Ma la scena ieri, con una gran faccia tosta, se l’è presa l’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov, che ha presentato in Procura a Roma un esposto per istigazione a delinquere e apologia di reato in relazione a un articolo pubblicato il 22 marzo su La Stampa. «Nel titolo – ha detto Razov ai giornalisti in una dichiarazione che era stata annunciata la sera di giovedì, «non sono previste domande», avevano spiegato i russi – si considera la possibile uccisione di Putin, questo è fuori etica, morale e regole del giornalismo. Nel codice penale dell’Italia si prevede l’istigazione a delinquere e apologia di reato. In precisa conformità alla legislazione italiana mi sono recato alla procura della Repubblica per registrare questa querela con la richiesta alle autorità italiane di esaminare questo caso.

Confido nella giustizia italiana».In un video, la risposte forte e chiara del direttore de La Stampa Massimo Giannini: “Solo nel mondo alla rovescia di ‘santa madre Russia’, quella che piace tanto a Putin, può accadere che un ambasciatore di un Paese che ha decretato la più sporca guerra contro una democrazia liberale come l’Ucraina possa intentare una causa contro un giornale responsabile solo di raccontare quello che sta succedendo in quel Paese. L’ambasciatore russo Razov ci ha attaccato per istigazione a delinquere. In uno splendido articolo del forse più grande inviato di guerra in Italia, Domenico Quirico raccontava una tesi ricorrente, che alberga addirittura in molte cancellerie, secondo la quale a questo punto della guerra forse la cosa migliore da fare sarebbe uccidere il tiranno”, ha spiegato il direttore de La Stampa. “Nel suo articolo Quirico articolava la tesi, la descriveva in tutti i suoi aspetti e concludeva dicendo che chi questa tesi sostiene, si illude, perché se anche si potesse arrivare a uccidere il tiranno le cose poi peggiorerebbero ancora. Questa è la Russia di oggi, guidata da un autocrate che sul suo territorio fa chiudere giornali, non possiamo dire che uccida, ma forse anche questo succede, uccide giornalisti contrari al regime, arriva ad imprigionare oligarchi o dissidenti invisi al regime, come Navalniy”.

Oggi “non dobbiamo prendere lezioni da quel paese”, ha aggiunto Giannini. Una lezione “che respingiamo con forza, perché siamo sereni su quello che facciamo e scriviamo, perché siamo un giornale libero, che cerca di raccontare i fatti ma che ha anche le sue tesi e le difende, le sue idee e le propugna”. Il direttore della Stampa, citando nel finale la giornalista Anna Politikovskaja, conclude: “Amiamo la libertà e continueremo a difenderla nonostante tutte le minacce e le intimidazioni, perché sappiamo di stare dalla parte giusta della storia”.

Sulla questione, è arrivata la condanna netta del premier Mario Draghi alle parole dell’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov. Rispondendo alla domanda di un giornalista de La Stampa, il presidente del Consiglio ha espresso solidarietà al direttore Massimo Giannini, ricordando che “da noi la libertà di stampa è fondamentale, è sancita dalla Costituzione”. “Forse non è una sorpresa che l’ambasciatore russo si sia così inquietato -dice con un sorriso complice ai cronisti- : lui è l’ambasciatore di un Paese in cui non c’è libertà di stampa, da noi c’è, è garantita dalla Costituzione. E da noi si sta molto, molto meglio”.

Ma oltre alla notizia della querela, colpiscono le minacce neanche tanto velate di Razov: “La cosa che ci preoccupa è che gli armamenti italiani saranno usati per uccidere cittadini russi”. E ancora: “Con la missione del marzo del 2020 al popolo italiano è stata tesa una mano di aiuto, ma se qualcuno morde quella mano non è onorevole. La missione è andata solo nei posti indicati dall’Italia, precisamente a Nembro, centro della pandemia in quel momento -facevano solo quello che veniva detto dai colleghi italiani e la missione russa è terminata quando l’Italia ha proposto di concluderla. Le autorità italiane hanno espresso gratitudine per quanto fatto”. Insomma, un vero show inquietante.E a proposito di show, ho visto ieri nel video già super virale quello del leader nordcoreano Kim Jong -Un, che sfruttando abilmente il clima bellico di questi tempi si è mostrato in un filmato in stile hollywoodiano per celebrare il lancio del missile balistico intercontinentale Hwasong-17, definito “mostruoso”, effettuato il 24 marzo.

Musica ritmata e slow motion, il video si apre con Kim che esce da un hangar accompagnato da due militari, un po’ stile Top Gun, un po’ Gangnam style. Tutto raccontato dalla tv di Stato Kctv come fosse un film: Kim Jong-un vestito con un giubbotto di pelle nera da aviatore e con gli occhiali da sole scuri. Il video e le foto diffuse da vari media statali, dall’agenzia Kcna, al Rodong Sinmun (la voce del Partito dei Lavoratori), mostrano il leader mentre guida le varie fasi delle operazioni.

Cambio argomento e chiudo con due notizie di mala sanità in Sicilia. La Procura di Catania, ci informa l’Ansa ma io conoscevo già da qualche giorno la tristissima vicenda per testimonianze dirette di amici, ha aperto un’inchiesta sulla morte del 17enne Sergio Salvatore Di Bella nel Policlinico universitario dove era stato dimesso qualche ora prima dal Pronto Soccorso con la diagnosi di colica renale. Il ragazzo è morto il 14 marzo nella sala operatoria dove era in corso un’intervento per una dissezione aortica. La sera prima il diciassettenne era stato al pronto soccorso dello stesso Policlinico per violenti dolori al fianco, diagnosticati come colica renale. Dopo una terapia medica è stato dimesso. Ma poche ore dopo i familiari l’hanno dovuto riportare al Policlinico dove è morto.

L’inchiesta è stata avviata dopo la denuncia dei genitori del ragazzo, assistiti dall’avvocato Walter Rapisarda. La Procura ha disposto l’autopsia, che è stata eseguita nel pomeriggio di ieri e indagato, come atto dovuto per compiere l’accertamento irripetibile, il medico quel giorno di turno al pronto soccorso del Policlinico. Ho vissuto indirettamente questa straziante tragedia attraverso il grande dolore di amici vicinissimi al ragazzo e alla famiglia. E mi piace molto onorare con la bellissima foto in moto dal suo profilo Facebook la memoria del povero Sergio, stringendomi virtualmente ai suoi familiari e in attesa delle necessarie e doverose certezze sulla causa della sua morte. Finisco con gli ulteriori sviluppi di una storiaccia che non esito a definire vomitevole.

Nuove pesantissime accuse per l’infermiera arrestata a Palermo a gennaio per aver finto di vaccinare contro il Covid alcuni no-vax in cambio di soldi. La donna, contraria ai vaccini, avrebbe simulato somministrazioni a decine di persone ignare di essere adesso senza copertura vaccinale. Giorgia Camarda, 58 anni, in servizio all’hub vaccinale della Fiera del Mediterraneo di Palermo, a gennaio era finita ai domiciliari perché avrebbe fatto finta di iniettare le dosi di vaccino (dopo aver svuotato la siringa dentro una garza) ad alcuni pazienti no-vax con i quali aveva concordato la finta iniezione in cambio di denaro. Gli agenti della Digos della questura di Palermo ieri mattina hanno eseguito una nuova misura cautelare di arresti domiciliari emessa dal Gip.

Nel corso delle indagini, grazie alle telecamere piazzate dalla polizia, è emerso che in altre due giornate la donna avrebbe praticato false vaccinazioni contro ilCovid-19 nei confronti di addirittura altri 47 utenti. Dalle indagini, grazie a intercettazioni telefoniche e interrogatori, è emerso che gli utenti pensavano di avere ricevuto il vaccino ed erano convinti di essere protetti dal rischio dell’infezione. Le false certificazioni verdi saranno sequestrate.

L’attività investigativa si è avvalsa del contributo della struttura del commissario per l’emergenza Covid per la città metropolitana di Palermo. Schifosissima e ignobile vicenda, non c’è altro da aggiungere e preferisco tacere. E’ tutto, buona giornata.

Domani, domenica 27, il #Tanomattinale non ci sarà, tornerò con voi quasi certamente lunedì.

(le foto dal web)

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