Questo castello è unico al mondo: sembra di vivere ancora nell’antica Grecia | Arrivano da ogni dove per visitarlo
Il gigante sotto la montagna, la legenda di Encelado prigioniero dell’Etna: ecco il castello che osserva il mito
Il Castello di Taormina non offre solo panorami straordinari, ma custodisce anche un legame profondo con uno dei miti più affascinanti dell’antichità. Da questo punto d’osservazione privilegiato, per secoli uomini e viaggiatori hanno scrutato l’Etna, il “gigante che si dimena” sotto la sua superficie ardente. Quel gigante ha un nome: Encelado, creatura titanica figlia di Gea e Urano, protagonista della mitica Gigantomachia.
Secondo la tradizione greca, Encelado fu sconfitto da Atena con una violenza tale da essere schiacciato e sepolto sotto una montagna di fuoco: l’Etna stessa. Da quel momento, ogni boato del vulcano, ogni nube di cenere e ogni tremore della terra vennero interpretati come il lamento e il movimento del gigante imprigionato. Il vulcano non era dunque soltanto un fenomeno naturale, ma il simbolo vivente di un mito che spiegava la potenza incontrollabile della natura.
Le fonti antiche descrivono Encelado come una creatura spaventosa, dotata di mani enormi, barba e sopracciglia foltissime e, al posto delle gambe, due serpenti squamati. Dal suo respiro scaturiva un alito infuocato, capace di bruciare persino la sua stessa chioma. Temuto dagli stessi giganti, Encelado incarnava una forza primordiale, la stessa che gli abitanti della Sicilia riconoscevano nelle manifestazioni del vulcano, attribuendo ad esso anima e volontà.
Arroccato a 397 metri di altezza sul Monte Tauro, il Castello di Taormina – noto anche come Castello Saraceno o Arabo-Normanno – è stato per secoli un punto di controllo strategico sulla costa ionica. Da qui si avvistavano flotte, nemici e movimenti sospetti. Ma c’era un’altra presenza costante, più maestosa e misteriosa di qualsiasi esercito: l’Etna, con il suo respiro di fumo e le sue colate incandescenti.
Le sentinelle dell’antichità
Le guardie del castello non scrutavano solo il mare. Il loro sguardo correva spesso verso la grande montagna fumante, interpretata come la prigione del gigante ribelle. Ogni segnale dell’Etna veniva osservato con attenzione, non solo per comprendere il pericolo naturale, ma anche per cogliere quello che, secondo il mito, poteva essere un tentativo di Encelado di scuotere le sue catene. Il castello era così un ponte tra realismo militare e immaginazione mitologica.
Oggi, chi sale sulle mura del castello vive la stessa suggestione di chi lo abitò secoli fa. Lo sguardo abbraccia lo Stretto di Messina, la valle dell’Alcantara, Catania e i Monti Peloritani, mentre a sud domina l’imponente sagoma dell’Etna. Il pennacchio che sale dal cratere sembra davvero il respiro lento di un gigante addormentato, e l’atmosfera sospesa invita a immaginare antiche leggende che ancora si intrecciano con il paesaggio.
Castello di Taormina – fonte pexels – Sicilianews24.it
Architettura e percorso di visita
Il castello, con la sua pianta trapezoidale, conserva mura possenti, una torre di vedetta, una cisterna per l’acqua piovana e un corridoio sotterraneo un tempo usato per le scorte. Una scenografica scalinata a ventaglio conduce al mastio, la parte più alta. La visita, della durata di circa cinquanta minuti, comprende audioguide digitali e una mappa interattiva che guida i visitatori alla scoperta dei ventuno punti di interesse.
Visitare il Castello di Taormina significa entrare in un paesaggio dove storia, natura e leggenda si fondono in un’unica narrazione. È un luogo che non si limita a raccontare secoli di vicende umane, ma che offre anche una finestra simbolica su un mito che continua a vivere nel vulcano. Qui, tra le pietre antiche e l’orizzonte immenso, si può ancora percepire il respiro del gigante.
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