Legambiente Sicilia: smascherato il grande bluff del Ponte sullo Stretto di Messina
Da anni, attraverso il rapporto Pendolaria, Legambiente denuncia come il Ponte sullo Stretto di Messina rappresenti un grande bluff: un’opera inutile, costosa e dannosa, che distoglie risorse e attenzione dalle vere urgenze del Sud, a partire dal potenziamento del sistema di trasporti ferroviari regionali e locali e per velocizzare e migliorare l’attraversamento dinamico dello Stretto. Basti pensare che in Calabria e in Sicilia circolano ancora treni a trazione diesel con oltre quarant’anni di servizio, su linee a binario unico e non elettrificate, con tempi di percorrenza indegni di un Paese moderno. Scomparsi, invece, in questi anni, i fondi già previsti per l’acquisto dei traghetti Ro-Ro, che ridurrebbero i tempi per l’imbarco dei treni veloci e per rinnovare e rendere più sostenibile la flotta dei traghetti.
Un bluff anche amministrativo e procedurale, smascherato dalla Corte dei Conti, che ha recentemente ricusato il visto alla delibera CIPESS n. 41/2025, evidenziando le gravi lacune del progetto. Si tratta di una bocciatura pesante, che conferma quanto Legambiente e le altre associazioni ambientaliste denunciano da tempo nei ricorsi presentati al TAR, alla Corte dei Conti, al CIPESS e alla Commissione Europea.
Il progetto del Ponte viola la Direttiva Habitat (92/43/CE) e la Direttiva Appalti (2014/24/UE), oltre a basarsi su un percorso progettuale approssimativo per un’opera di tale complessità. Un’infrastruttura che devasterebbe irreversibilmente il patrimonio naturalistico dell’area dello Stretto di Messina, costando circa 15 miliardi di euro – cifra destinata a crescere – di cui 1,6 miliardi sottratti ai fondi di coesione di Sicilia e Calabria. Un progetto insostenibile dal punto di vista ambientale, tecnico ed economico.
Già nel 2001, il piano economico-finanziario del progetto si fondava su stime irrealistiche: prevedeva un aumento dei flussi di passeggeri da 12,6 a 24 milioni tra il 2001 e il 2019, mentre i dati reali mostrano una contrazione a 10,6 milioni. Se il Ponte fosse stato costruito allora, oggi i costi di gestione avrebbero gravemente compromesso i conti pubblici. L’attuale versione del progetto – sostanzialmente identica a quella del 2001 – prevede per il 2032 un incremento di oltre il 30% del flusso di passeggeri e merci e un traffico ferroviario di 200 treni al giorno su soli due binari: un’ipotesi del tutto infondata.
Il Ponte avrebbe effetti devastanti su otto Siti di Interesse Comunitario (SIC) appartenenti alla rete Natura 2000, compromettendo habitat prioritari e danneggiando le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e le Zone di Protezione Speciale (ZPS) ai due lati dello Stretto. L’opera metterebbe inoltre a rischio una delle aree con la più alta biodiversità del Mediterraneo e le rotte migratorie degli uccelli tra Eurasia e Africa.
È paradossale che il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, da poco insignito del titolo di “ambasciatore dell’ambiente” dal suo stesso assessorato, abbia dichiarato che “la tutela dell’ambiente è un valore non negoziabile”, e che anche il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, si richiami agli stessi valori, mentre entrambi continuano a sostenere un’opera che viola le più importanti direttive ambientali europee.
Alla luce delle recenti valutazioni della Corte dei Conti e delle evidenze ambientali ed economiche, Legambiente chiede ai presidenti Schifani e Occhiuto di ritirare ogni sostegno al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina e di orientare gli sforzi delle rispettive Regioni verso politiche realmente sostenibili, capaci di migliorare la mobilità, tutelare il territorio e garantire un futuro più giusto e vivibile per le comunità di Sicilia e Calabria.
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