TARI, “I siciliani che abitano qui non la pagano più”: mostrate la cartina di casa vostra e siete esentati
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TARI, “I siciliani che abitano qui non la pagano più”: mostrate la cartina di casa vostra e siete esentati

Tari quando si paga e quando scatta l’esenzione, il dubbio di molti contribuenti: riduzioni obbligatorie e casi particolari

Pagare la tassa sui rifiuti per un immobile in cui non si vive può sembrare paradossale, ma non sempre la normativa consente di evitarlo. La Tari, che ha sostituito la vecchia Tarsu, è dovuta in tutti i casi in cui un locale o un’area sono “suscettibili di produrre rifiuti urbani”. Ciò significa che, in linea di principio, anche una casa non abitata può essere soggetta al tributo, a meno che non si riesca a dimostrare che non è possibile produrvi alcun tipo di scarto.

La Tari è un tributo comunale legato alla disponibilità di spazi che potrebbero generare rifiuti. Si paga non solo per l’abitazione principale, ma anche per seconde case, uffici, negozi o magazzini. Il calcolo della tariffa si basa sulla superficie dell’immobile e sull’anno solare di riferimento. È un’imposta che spetta al Comune e che serve a coprire i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani.

La legge prevede alcune riduzioni automatiche della Tari. Succede, ad esempio, quando il servizio di raccolta non è effettuato regolarmente o quando l’abitazione si trova lontano dal punto di conferimento. In questi casi, il cittadino paga solo una parte della tariffa, stabilita in misura ridotta dal Comune. Le amministrazioni locali possono inoltre concedere sconti per abitazioni con un solo occupante o utilizzate solo per brevi periodi durante l’anno.

Accanto alle riduzioni, esistono vere e proprie esenzioni. Non pagano la Tari le parti comuni dei condomìni, come scale o cortili, e i locali in cui non è possibile produrre rifiuti, come cantine o depositi vuoti. L’esenzione riguarda anche i fabbricati temporaneamente inutilizzabili o in ristrutturazione, dove l’attività abitativa o lavorativa è sospesa per cause oggettive.

Case disabitate e regole precise

La situazione più controversa è quella della casa disabitata. Secondo il Ministero dell’Economia e la Corte di Cassazione, l’immobile residenziale in cui non abita nessuno può essere escluso dal pagamento della Tari, ma solo se si dimostra che è realmente inoccupato. Non basta, dunque, dichiarare di non viverci: servono prove concrete che ne attestino l’inutilizzo.

Perché una casa sia considerata disabitata deve risultare priva di utenze attive e di arredi essenziali. Ciò significa che luce, acqua e gas devono essere staccati e che non devono esserci mobili che rendano l’immobile potenzialmente abitabile. In mancanza di questi requisiti, si presume che l’abitazione sia occupata, anche se il proprietario sostiene il contrario.

Casa disabitata – fonte pexels – Sicilianews24.it

Le seconde case e le abitazioni stagionali

Diverso è il caso delle seconde case, spesso utilizzate per brevi periodi o durante le vacanze. In queste situazioni, la Tari resta dovuta perché la presenza di arredi e utenze lascia intendere la possibilità di produrre rifiuti, anche se per un tempo limitato. Alcuni Comuni, tuttavia, prevedono tariffe ridotte per gli immobili ad uso discontinuo o stagionale.

In sintesi, non paga la Tari chi possiede una casa effettivamente disabitata, senza forniture e priva di mobilio. Se invece l’immobile è arredato o con i contatori attivi, il tributo resta dovuto, anche se non viene mai utilizzato. La regola è chiara: ciò che conta non è la presenza fisica del proprietario, ma la concreta possibilità di produrre rifiuti. Prima di chiedere l’esenzione, quindi, conviene verificare che l’abitazione rispetti tutti i requisiti richiesti dalla normativa.

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