
Ufficiale, “Vietato lavorare in questa città”: se vivete qui dovete fare i bagagli ora e scendere più a Sud
Questa è la città dove si lavora un mese in più, ecco da cosa dipende la variabilità del calendario lavorativo
Non tutti i lavoratori in Italia timbrano lo stesso numero di giornate all’anno. La mole di lavoro varia sensibilmente non solo in base al settore o al tipo di contratto, ma anche alla geografia. Dipendenti e freelance, operai e impiegati, aziende del Nord e del Sud: ciascuna realtà presenta un calendario professionale differente. Un recente studio condotto dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre ha messo in evidenza un dato sorprendente: esiste una città italiana in cui si lavora ben 27 giorni in più rispetto alla media nazionale.
La provincia che si è guadagnata questo primato è Lecco. Qui, nel 2023, i lavoratori hanno registrato in media 264,9 giornate lavorative. Un numero nettamente superiore alla media del resto d’Italia, che si ferma molto più in basso. Il confronto con altre aree del Paese mostra quanto sia significativo questo scarto: in Veneto, ad esempio, si contano circa 256 giornate lavorative all’anno, mentre nel Mezzogiorno il dato scende addirittura a 228.
La differenza con il Sud Italia appare ancora più evidente se tradotta in giorni: i lavoratori del Nord, in particolare quelli lecchesi, timbrano circa un mese in più rispetto ai colleghi meridionali. Questo significa che un dipendente di Lecco trascorre in azienda quasi trenta giornate in più all’anno rispetto a chi vive e lavora in Calabria, Sicilia o Puglia. Una disparità che non dipende dalla cosiddetta “cultura del lavoro”, ma da fattori molto più concreti.
Secondo la CGIA, una delle ragioni principali di questa differenza è legata al lavoro sommerso. Nel Mezzogiorno, infatti, è molto più diffusa la pratica di lavorare senza contratti regolari. Queste giornate non vengono registrate ufficialmente e finiscono per abbassare la media statistica. Di conseguenza, i dati disponibili raccontano solo una parte della realtà, fotografando un numero minore di giornate lavorative effettive.
La precarietà del mercato al Sud
Un’altra causa significativa riguarda la struttura del mercato del lavoro. Nel Sud Italia, i contratti precari, stagionali o part-time involontari hanno un peso rilevante. Turismo e agricoltura sono settori fondamentali per l’economia meridionale, ma proprio per la loro natura ciclica e stagionale non garantiscono occupazione stabile lungo tutto l’anno. Molti lavoratori, quindi, vedono interrotto il proprio calendario professionale, contribuendo ad abbassare la media complessiva dei giorni lavorati.
Il caso di Lecco è l’opposto. L’economia locale, fortemente industriale e manifatturiera, si fonda su contratti più stabili e continuativi. Le aziende metalmeccaniche e manifatturiere rappresentano un tessuto produttivo che richiede forza lavoro costante e qualificata. Questo porta a una minore incidenza di rapporti precari o stagionali e a un numero maggiore di giornate di lavoro effettive, quasi senza interruzioni.
Lavoro – fonte pexels – Sicilianews24.it
Un dato che riflette disuguaglianze
La distanza tra Nord e Sud, emersa da questo studio, non è quindi solo una curiosità statistica. Riflette piuttosto una spaccatura profonda nel mercato del lavoro italiano. Da un lato, regioni con economie più stabili e industrializzate riescono a garantire continuità ai lavoratori; dall’altro, aree caratterizzate da maggiore precarietà e lavoro irregolare registrano dati molto più bassi. Questa forbice contribuisce ad alimentare le differenze economiche e sociali tra le diverse zone del Paese.
Capire perché a Lecco si lavori quasi un mese in più rispetto ad altre città italiane significa anche riflettere sulle politiche necessarie per ridurre queste disparità. Combattere il lavoro nero, incentivare la stabilità contrattuale e sostenere i settori più fragili sono passaggi fondamentali per riequilibrare il mercato del lavoro nazionale. Solo così si potrà garantire a tutti i lavoratori, da Nord a Sud, le stesse opportunità di continuità, sicurezza e crescita professionale.
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