Sanità siciliana bocciata: insufficienze gravi in prevenzione e assistenza territoriale
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Sanità siciliana bocciata: insufficienze gravi in prevenzione e assistenza territoriale

 

La Sicilia continua a scontare un pesante ritardo nei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Il monitoraggio annuale del Ministero della Salute certifica infatti la bocciatura dell’Isola in due delle tre macro-aree prese in esame: la prevenzione collettiva e l’assistenza distrettuale. Promossa, invece, l’assistenza ospedaliera, seppure con alcune ombre.

Il sistema di valutazione si basa su 88 indicatori che misurano efficienza, efficacia e sicurezza delle cure. Su un punteggio massimo di 100 e una sufficienza fissata a 60, la Sicilia ottiene risultati preoccupanti: 49 punti in prevenzione e 44 nell’assistenza distrettuale. Solo negli ospedali la Regione supera il test, raggiungendo quota 80, posizionandosi così a metà classifica nazionale.

La fotografia complessiva elaborata dalla Fondazione Gimbe colloca la Sicilia penultima in Italia, con 173 punti su 300. Rispetto al 2022 la performance peggiora di 11 punti, segnale di una tendenza negativa che si somma alle criticità strutturali mai superate.

Prevenzione in caduta libera

Il dato più allarmante arriva dalla prevenzione collettiva: la Sicilia scivola in 21esima posizione, pagando soprattutto la scarsa copertura vaccinale nei bambini fino a 24 mesi. Per malattie come poliomielite, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Hib, morbillo, rosolia e parotite, la percentuale si ferma al 74%, ben lontana dagli standard nazionali.

Insufficiente anche l’indicatore sugli stili di vita (54,9 punti) e, soprattutto, la partecipazione agli screening oncologici di primo livello, con un punteggio di appena 42,2. Una conferma della difficoltà del sistema regionale nel promuovere prevenzione e diagnosi precoce.

Assistenza territoriale: un sistema fragile

Ancora più critica la situazione nell’assistenza distrettuale, dove la Sicilia occupa il 19° posto. Cinque gli indicatori fuori dalla sufficienza: dall’eccessiva ospedalizzazione pediatrica per patologie come asma e gastroenterite (11,6 punti) alla lentezza dei mezzi di soccorso, che nel 2023 hanno registrato un intervallo Allarme-Target di 21 minuti, contro i 15 delle Regioni più efficienti.

Altri punti deboli riguardano l’abuso di antibiotici e farmaci sentinella (58,1, in peggioramento), il basso numero di malati oncologici assistiti dalla rete delle cure palliative (23,6) e la scarsa presa in carico degli anziani non autosufficienti in strutture residenziali (37).

Sul fronte ospedaliero, la Sicilia riesce a centrare la sufficienza con 80 punti, ma resta un nodo irrisolto: l’elevato numero di parti cesarei, diffuso sia nelle strutture di primo livello con meno di mille nascite, sia nei centri di secondo livello. Per il resto, il Ministero registra segnali di miglioramento negli altri indicatori legati all’ospedalizzazione.

Il divario Nord-Sud

«Il monitoraggio certifica che la tutela della salute dipende in larga misura dalla Regione di residenza e che la frattura tra Nord e Sud non accenna a ridursi» ha commentato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. Un divario che, secondo i dati, appare oggi più ampio di quanto non dicano i numeri stessi.

La Sicilia, insieme a Lazio, Lombardia e Basilicata, è tra le Regioni che hanno perso più punti rispetto all’anno precedente. E se in Puglia si registrano performance paragonabili a quelle di alcune realtà del Nord, l’Isola rimane relegata nel gruppo delle peggiori quattro, insieme a Campania, Sardegna e Basilicata.

Il quadro tracciato dal Ministero della Salute conferma che la sanità siciliana resta in forte difficoltà soprattutto nei servizi di prossimità e nella prevenzione, due pilastri fondamentali per garantire equità e sostenibilità al sistema sanitario. Il rischio, sempre più concreto, è che la popolazione dell’Isola continui a pagare con minori opportunità di cura un ritardo cronico che sembra lontano dall’essere colmato.

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