Donna morta a Licata: “Se i medici fossero intervenuti subito, il bimbo si sarebbe salvato”
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Donna morta a Licata: “Se i medici fossero intervenuti subito, il bimbo si sarebbe salvato”

La procura di Agrigento indaga sul caso di una 29enne incinta di Licata, morta nel suo appartamento insieme al bimbo che aveva in grembo.

A fare la scoperta è stato il marito che l’ha trasportata in ospedale i cui medici non hanno potuto fare altro che dichiarare il decesso. In base a una prima ricostruzione, la giovane di origine marocchina sabato scorso si era recata in ospedale accusando dei dolori.

Dopo sarebbe tornata a casa dove ieri è sopravvenuta la morte. Il marito ha presentato denuncia e ora si dovrà accertare se c’è un nesso con l’episodio di due giorni prima e se vi sia stata una eventuale sottovalutazione. Disposta l’autopsia.

Se i medici avessero agito in tempo, con tutta probabilità il bambino sarebbe ancora vivo.

È quanto emergerebbe da una prima analisi delle risultanze dell’esame autoptico eseguito ieri, ad Agrigento, sul corpo della giovane di 29 anni, morta domenica 6 agosto all’ospedale San Giacomo d’Altopasso di Licata a seguito di un’estesa emorragia interna.

Una tragedia immensa che ha scosso l’intera comunità e che ha fatto sorgere diversi punti interrogativi: ad esempio, è stato fatto tutto il possibile, da parte dei sanitari, per salvare la donna incinta di 7 mesi? Sarà la magistratura ad accertare quanto accaduto. Nel frattempo, il marito si è rivolto a Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato nella tutela delle vittime di malasanità. 

L’incubo inizia venerdì 4 agosto. La donna comincia a vomitare sangue e, in preda a dolori lancinanti, viene portata in ambulanza all’ospedale San Giacomo d’Altopasso di Licata. Sono le 16.20 e, con lei, c’è anche il marito. Alle 20.29 dello stesso giorno i medici la dimettono, dopo aver riscontrato e diagnosticato un’otite bilaterale con gengivite. I dolori al petto, però, continuano.

Il giorno dopo la giovane sembra stare meglio. Ma nella notte la situazione precipita di nuovo e all’1.30 del mattino la donna chiama il marito (che sta facendo il turno di notte) e gli dice: “Non ce la faccio più, sto morendo”. Arrivano in ospedale alle 2. A quel punto, il marito rimane in attesa. Dopo circa 40 minuti un’infermiera gli spiega che i medici hanno iniziato il parto cesareo per provare a salvare il bambino. Nulla viene riferito riguardo alla donna. Mezz’ora dopo la tragica notizia: “Sono morti entrambi”.

“Dalle prime risultanze dell’esame autoptico, pare ci fosse un’estesa emorragia interna – spiega Diego Ferraro, referente di Giesse Risarcimento Danni per la Sicilia occidentale – Se ci fosse stato un intervento tempestivo, il bambino con molte probabilità si sarebbe salvato. Quei due giorni, stando a quanto emerso finora, sarebbero stati per lui fatali. Si dovrà anche verificare se la madre sarebbe sopravvissuta senza quella lunga attesa fino al 6 agosto. La gravidanza, infatti, era stata tranquilla e senza complicanze fino a venerdì 4. La giovane, inoltre, non soffriva di patologie pregresse. Abbiamo piena fiducia nel lavoro della magistratura e andremo fino in fondo con i nostri legali, medici legali e specialisti per capire cos’è accaduto”.

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