Agenzia delle Entrate, “Chi è in affitto ci paga 345.000 euro di multa” | Confermato il decreto, non esistono esenzioni
Affitto cosa si rischia chi non fa le cose per bene: ecco come regolarizzare la propria posizione con l’Agenzia delle Entrate
L’affitto in nero rappresenta una delle forme più diffuse di evasione fiscale nel settore immobiliare italiano. Si tratta della mancata registrazione di un contratto di locazione presso l’Agenzia delle Entrate, pratica che comporta conseguenze economiche e legali rilevanti sia per il proprietario dell’immobile sia per l’inquilino. Sebbene alcuni ricorrano a questo espediente per risparmiare sulle imposte o per ottenere un canone più vantaggioso, le sanzioni previste dal legislatore sono oggi particolarmente severe.
Un affitto si definisce “in nero” quando non viene stipulato e registrato un contratto regolare, come previsto dalla legge. In tali casi, il proprietario e l’inquilino si accordano in modo informale, spesso con pagamenti in contanti, evitando di comunicare al Fisco l’esistenza della locazione. Questa scelta, apparentemente conveniente, è però illegale. Oltre a eludere le imposte, espone entrambe le parti a rischi economici e giuridici, poiché l’assenza di un contratto annulla qualsiasi tutela legale in caso di controversia.
Affittare un immobile senza registrare il contratto è un illecito tributario che comporta multe pesanti. L’Agenzia delle Entrate può infatti contestare l’omessa dichiarazione dei redditi derivanti dalla locazione, imponendo sanzioni che vanno dal 120% al 240% dell’imposta dovuta. Inoltre, possono essere effettuati controlli fiscali retroattivi fino a cinque anni. In termini pratici, un proprietario che non dichiara 180.000 euro di canoni percepiti potrebbe arrivare a pagare oltre 345.000 euro tra imposte, sanzioni e interessi.
Oltre alle sanzioni economiche, il proprietario che affitta in nero perde ogni garanzia nei confronti dell’inquilino. In caso di mancato pagamento del canone, ad esempio, non può procedere con uno sfratto regolare, poiché non esiste un contratto da far valere in tribunale. Inoltre, la scoperta dell’irregolarità può comportare accertamenti fiscali estesi, con la possibilità di vedersi contestare ulteriori redditi non dichiarati. La regolarizzazione tardiva, se effettuata spontaneamente, può ridurre l’entità delle multe grazie all’istituto del ravvedimento operoso.
Le conseguenze per l’inquilino
Anche l’inquilino non è esente da responsabilità in caso di affitto in nero. Pur godendo inizialmente di un canone più basso, rischia di perdere ogni tutela legale e di essere sfrattato senza preavviso. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate può chiedergli di versare le imposte non pagate, come l’imposta di registro e la quota IRPEF. Senza un contratto, l’affittuario non può accedere ai bonus affitto né detrarre le spese nella dichiarazione dei redditi, restando completamente scoperto di fronte alla legge.
Chi desidera mettersi in regola può farlo tramite la registrazione tardiva del contratto presso l’Agenzia delle Entrate. Il nostro ordinamento consente di ricorrere al cosiddetto ravvedimento operoso, che permette di sanare l’omissione pagando sanzioni ridotte. L’importo varia in base al ritardo: si parte da una maggiorazione del 6% entro 30 giorni, fino ad arrivare al 20% dopo due anni. Una volta regolarizzato, il contratto deve rispettare le tipologie previste dalla legge, come il “4+4” o il “3+2”, per garantire piena validità e tutela a entrambe le parti.
Affitto – fonte pexels – Sicilianews24.it
Come viene scoperto un affitto in nero
Un affitto non dichiarato può essere scoperto in diversi modi. L’Agenzia delle Entrate effettua periodicamente controlli incrociando i dati dei conti correnti, dei consumi energetici e delle dichiarazioni fiscali. Anche la Guardia di Finanza può intervenire in caso di sospetta evasione. Inoltre, spesso è l’inquilino stesso a denunciare l’irregolarità, specialmente quando subisce un aumento ingiustificato del canone o un ordine di sfratto.
Chi desidera denunciare un affitto in nero può rivolgersi all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di Finanza, anche in forma anonima. È necessario presentare prove concrete, come ricevute di pagamento, bonifici o bollette intestate. In seguito alla denuncia, l’inquilino può chiedere la regolarizzazione del contratto e, in alcuni casi, ottenere la restituzione delle somme pagate in eccesso. La legge tutela infatti chi collabora con le autorità, riconoscendo la necessità di riportare gli accordi abitativi entro i limiti della legalità.
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