
L’anniversario dell’uccisione di Rosario Livatino: le istituzioni ricordano il “giudice ragazzino”
Il 21 settembre segna un doloroso anniversario per la memoria civile del Paese: trentacinque anni fa la mafia assassinava il giudice Rosario Livatino, simbolo di coraggio e integrità nella lotta contro la criminalità organizzata. Oggi, le più alte cariche dello Stato hanno voluto ricordare la sua figura e il suo sacrificio.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha sottolineato come questo ricordo interpelli ancora oggi le coscienze di tutti: «Autentico testimone dei valori della Repubblica, il giudice Livatino ha, senza esitazioni, speso la propria vita per affermare i principi dello Stato di diritto contro la cultura della violenza e della sopraffazione». Mattarella ha ribadito che fare memoria del suo esempio significa rinnovare l’impegno per istituzioni che mettano al centro la dignità della persona, esprimendo vicinanza a quanti hanno conosciuto e apprezzato l’umanità e il rigore del magistrato.
Anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha voluto rendere omaggio a Livatino, definendolo «un servitore dello Stato che con rigore e fermezza ha portato avanti la battaglia contro la criminalità organizzata». La premier ha ricordato come il suo sacrificio debba continuare a ispirare le nuove generazioni, sottolineando il legame tra la sua azione e la sua profonda fede, riconosciuta con la beatificazione avvenuta nel 2021.
Dal fronte regionale, il presidente della Sicilia, Renato Schifani, ha parlato di «profonda commozione» nel ricordare il giudice assassinato: «La sua vita è stata un esempio di coraggio, integrità morale e dedizione alla giustizia. La memoria di Livatino ci sprona a rinnovare ogni giorno l’impegno per una Sicilia libera da mafia e corruzione». In rappresentanza del governo regionale, l’assessore al Territorio Giusi Savarino ha deposto una corona d’alloro sul luogo dell’eccidio, lungo la statale Agrigento-Caltanissetta.
Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990 a soli 38 anni, continua a rappresentare un modello di magistrato e di cittadino che non si piegò mai alla logica mafiosa. Oggi, a distanza di trentacinque anni, la sua eredità civile e spirituale resta viva come monito e speranza per un’Italia libera dalla violenza e dalla sopraffazione.
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