
“C’è un topo nella busta sigillata”, scandalo nella storica azienda di surgelati | Eppure il 99% degli italiani compra i loro prodotti ogni giorno
topo al supermercato – foto (C) sicilianews24.it
Una incredibile e scioccante scoperta, per una donna al supermercato: le indagini e il racconto del caso
L’operazione in sè, quella di andare al supermercato, è una di quelle che fanno milioni di italiani quasi quotidianamente. Ma l’intoppo di cui parleremo, in questo caso, è di quelli che capitano… una volta (ma anche meno…) nella vita. Partiamo dal fatto che, per l’acquisto di frutta, verdura, surgelati, carne, pesce o latticini, i consumatori si fanno sempre una serie di domande: “Da dove viene?”, “chi lo controlla?”, “posso fidarmi?”. La fiducia nel cibo che portiamo sulle nostre tavole si basa, insomma, sempre su una fitta rete di controlli, normative e tracciabilità.
Spieghiamo, dunque, che i prodotti alimentari destinati alla grande distribuzione devono affrontare numerosi passaggi di controllo. Per i prodotti freschi, il ciclo inizia dal produttore: frutta e verdura devono essere coltivate secondo le normative europee, senza pesticidi vietati e rispettando la rotazione dei terreni. Ogni lotto viene sottoposto a controlli da parte di laboratori certificati prima della distribuzione. Gli alimenti vengono tracciati tramite codici identificativi che consentono di risalire al produttore, alla data di raccolta e alla catena distributiva.
Nel caso dei surgelati, poi, le verifiche sono ancora più stringenti. Le aziende devono garantire la catena del freddo ininterrotta, il confezionamento in ambienti sterili e l’assenza di corpi estranei. Ogni confezione ha un numero di lotto, una data di scadenza e, spesso, anche una certificazione di qualità. Prima di arrivare sugli scaffali, i surgelati passano al vaglio di controlli microbiologici e fisici.
Eppure, nonostante questi protocolli, possono accadere casi rari e abbastanza… inquietanti che mettono in discussione il sistema stesso. Uno di questi, appena qualche mese fa, ha scosso l’opinione pubblica italiana.
Una testa di topo… fra gli spinaci
Quello di cui parliamo è accaduto qualche mese fa a Budoia, nella provincia di Pordenone. Maria Grazia Ragusa, una cittadina come tante, si stava preparando il pranzo. Aveva acquistato due confezioni surgelate – una di spinaci e l’altra di broccoli – di due marche differenti. Le versa in pentola e, con orrore, si accorge della presenza di una testa di topo tra le foglie surgelate. Un’esperienza abbastanza scioccante, che ha fatto rapidamente il giro del web e dei giornali.
La notizia ha provocato il ritiro precauzionale di due lotti di prodotti da parte della catena di supermercati coinvolta, il cui nome non è stato divulgato. L’intervento è avvenuto in tutti i punti vendita italiani, e a totale spesa della catena. Ma c’è un problema a dir poco fondamentale, perché alla donna, nel racconto dei fatti, mancava un “tassello”. Ma spieghiamoci meglio.
Interno del supermercato – foto (C) teleone.it
Fra le marche più acquistate in Italia: le indagini
Il problema principale, nel caso di Pordenone, è che la donna coinvolto non ricordava il marchio del prodotto incriminato, rendendo dunque difficilissima (quasi impossibile) l’individuazione del responsabile diretto. Si trattava, però, come emerso, di una delle marche più diffuse in Italia, acquistate praticamente da un po’ tutte le famiglie dello Stivale. L’Azienda sanitaria Friuli Occidentale (Asfo) ha intanto avviato le indagini attraverso il Dipartimento di Prevenzione. Il direttore, Lucio Bomben, ha dichiarato che “la signora non è riuscita a identificare con esattezza la confezione da cui proveniva il corpo estraneo”. E questo ostacola l’attivazione dell’allerta nazionale, che scatterebbe solo in presenza di elementi certi sulla provenienza.
“Sapessimo quale lotto è coinvolto – ha spiegato Bomben – potremmo ordinare il ritiro ufficiale dai punti vendita e l’affissione di cartelli informativi per avvisare i clienti del rischio potenziale”. Ma intanto, l’azienda che ha prodotto uno dei due surgelati potrebbe subire una sanzione amministrativa, mentre la Procura di Pordenone valuta l’apertura di un’indagine penale. La signora Ragusa ha chiesto chiarimenti all’Asfo tramite e-mail, manifestando la propria disponibilità a collaborare con le autorità. Il dettaglio che rende tutto più complesso – e inquietante – è proprio questo: la signora non ricorda la marca del prodotto. Né la confezione, né il lotto. Un’amnesia che rischia di impedire l’identificazione precisa del responsabile e quindi il pieno accertamento dei fatti.
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